Il nonsense è padrone e dittatore

Stagno. Palude.
Ho affettato del formaggio mentre guardavo la copertina del mio libro e progettavo il tatuaggio che avrei voluto fare cinque anni fa. Nell’era delle frenesia, sono multitasking anch’io. Quasi mi tagliavo un dito. Il formaggio era brie, il panino che mangiai dieci anni fa all’aeroporto di Nizza era spalmato di brie. La chiara manifestazione che ogni mio tentativo di diventare vegan sarebbe sempre stato vano, sempre, di fronte a quella crema e quella crosta. Lì l’edonismo avrebbe ucciso la morale, l’animale che voleva salvare l’animale sarebbe diventato un leone con l’antilope, una iena con le carcasse.
In televisione non c’era niente.

Stagno. Palude.
Come non citare le zanzare! Sono sparite. A me non hanno mai fatto niente, ogni volta che trovo una puntura sulla pelle credo sempre sia stata una zanzara in punto di morte che proprio non ce la faceva più e, nonostante il pasto fosse mediocre, in qualche modo si doveva nutrire. Il mio prurito caduco valeva la vita di un animale. Arriverà l’estate.

Palude. Fiume.
Il ponte su uno stagno è diverso da quello su di un fiume. Esistono ponti sugli stagni? Non ho mai visto uno stagno, non credo almeno, non ricordo, deve gracidare parecchio. E puzzare d’acqua antica. Anche i ponti mastodontici e maestosi puzzano, li hanno attraversati miliardi di passi, di respiri, di insulti, di parole d’amore, di sudore; quante suole hai visto, ponte. Ti sentiresti piccolo, se attraversassi uno stagno. L’acqua corrente non è più quella di una volta, caro ponte.

fiume

L’ultima volta che ti ho visto eravamo in un mare di acido

Il colluttorio come struccante per rinfrescare il riflesso degli orizzonti. E invece se mi sciacquassi la bocca con dell’acetone? Guance trasparenti come il cristallo.

In realtà ho solo paura di essere stucchevole. Di essere di stucco, pardon di zucchero, rimanere sempre di stucco, di fronte a tutto.